martedì 5 giugno 2012

Valentina D'Urbano e "Il rumore dei tuoi passi"

di Faye



Valentina D’Urbano è una giovane donna di ventisette anni.
È un’autrice esordiente.
La sua opera prima ha vinto, sbaragliando gli altri numerosissimi concorrenti, la prima edizione del Torneo Letterario Ioscrittore, indetto da GeMs.
Al Salone del Libro di Torino, lo scorso 12 maggio, è stato presentato Il rumore dei tuoi passi, di cui vi offriamo un estratto, in calce all'articolo, per gentile concessione dell'autrice e della casa editrice Longanesi.

Dedichiamo l’intervista a Valentina D’Urbano, a tutti coloro che desiderano conoscere meglio questa autrice-rivelazione e comprendere genesi e significato del suo libro.

Pinkafé ti dà il benvenuto Valentina.
Anche se il nostro è un locale virtuale, è bello immaginarti seduta a un piccolo tavolo, e ascoltarti mentre ci parli di te e della tua opera, fra il profumo di una brioche calda di forno e un fragrante cappuccino.
La prima domanda è d’obbligo per i lettori che ancora non ti conoscono:
Chi è, Valentina D’Urbano?

Quando lo capisco te lo dico! ;) Scherzi a parte: per ora Valentina è una che ha realizzato un grande sogno e che ancora non riesce a crederci!

Parliamo della tua opera. Il rumore dei tuoi passi è davvero la tua prima fatica letteraria? Come è nata in te l’idea di questo romanzo?

La primissima fatica, proprio così. Prima de Il rumore dei tuoi passi avevo scritto solo dei racconti che tra l'altro tenevo ben nascosti, senza avere il coraggio di farli leggere a nessuno. L'idea del romanzo però, mi girava in testa da una decina d'anni, era un'idea vaga, una storia appena abbozzata e dai contorni indefiniti. Quando poi, un paio d'anni fa ho deciso di iniziare a scriverla è diventata subito chiarissima nella mia testa. Da lì ho capito che era il momento giusto per tirarla fuori, per raccontarla.

La critica ha lodato il tuo stile particolare, definendolo aspro,  violento, duro. Questo modo di scrivere rispecchia una tua esigenza personale o lo hai costruito intorno ai personaggi e alla realtà – anch’essa disperata – che descrivi?
Credo che questo stile sia una mia esigenza personale. Più che altro scrivo senza pensarci, mossa solo dalla voglia di scrivere, e questo è quello che viene fuori. È un linguaggio un po' scarno, ma che sento molto mio.

La “Fortezza” è un quartiere-paradigma di tante metropoli nei cui sobborghi la vita è particolarmente difficile. Hai sperimentato personalmente una realtà simile?  Oppure come ne sei venuta a conoscenza?
Sono nata e cresciuta in un quartiere popolare e periferico, un quartiere che negli anni '80 era per certi versi simile a quello descritto nel romanzo. Per ricostruire una realtà che fosse verosimile ho attinto ai miei ricordi di bambina, alle storie dei miei genitori, alle vecchie foto, e ci ho messo un po' di immaginazione. É così che è uscita fuori la Fortezza.

Beatrice e Alfredo, i due protagonisti, sono definiti i gemelli; sono due realtà parallele o due facce della stessa medaglia?
Sono due facce della stessa medaglia. Le loro personalità si sono sviluppate l'una in funzione dell'altra: dove uno è carente l'altra eccede e viceversa.

Il successo di questo libro ha cambiato o cambierà in qualche modo la tua vita?
Non moltissimo. Certo, adesso ho molti più impegni, devo viaggiare molto, e incontrare molta più gente di quanto facessi prima, ma nel mio piccolo la mia vita non è cambiata. Faccio le stesse cose che facevo prima, ho solo dei tempi più stretti.

Considerata la tua attività di illustratrice, hai mai preso in considerazione l’idea di scrivere un libro per l’infanzia e poi arricchirlo con i tuoi disegni, come fece Antoine de Saint-Exupéry con Il Piccolo Principe?
L'ho fatto per la mia tesi di laurea in illustrazione. Ho scritto una fiaba per bambini e l'ho illustrata, ma è un progetto che poi ho tenuto per me. Per ora preferisco tenere separate le due cose, ma in futuro so già che mi piacerebbe molto poter realizzare un libro per l'infanzia. Vedremo...

Hai qualche progetto nel cassetto che vorresti realizzare a breve, da condividere con i nostri lettori?
Sto scrivendo un nuovo romanzo, una storia molto diversa da Il rumore dei tuoi passi, ma non posso dire di più. Scrivere questa nuova storia è una bella sfida.

Ti ringraziamo, Valentina, per la tua cortesia e disponibilità e ovviamente ti salutiamo con un “in bocca al lupo” grande grande per la tua futura carriera di scrittrice.
Grazie a voi per avermi ospitato, e soprattutto crepi il lupo!



Estratto
Un breve estratto da "Il rumore dei tuoi passi" di Valentina D'Urbano
per gentile concessione di Longanesi Editore, 2012

L’estate in cui conobbi Alfredo avevo otto anni. I miei genitori avevano trovato un lavoro estivo presso un ufficio dall’altra parte della citta`. Mio padre lavorava come custode del garage e mia madre faceva le pulizie. Andavano via la mattina presto e tornavano la sera, non li vedevamo praticamente mai.
Io e mio fratello non potevamo uscire. Dovevamo tenere la casa che´ a lasciarla c’era il rischio di non ritrovarla piu`. Forzavano la serratura, entravano e buttavano giu` la tua roba dal balcone. Era gia`successo. Ti occupavano la casa e non potevi farci niente, ti ritrovavi dal giorno alla notte in mezzo alla strada. Non potevi neanche chiamare la polizia, per due motivi: il primo era che alla Fortezza le pattuglie non potevano entrare. Il secondo era che quella casa non ci apparteneva. Anche noi, come tutti gli abitanti del quartiere, avevamo occupato il nostro appartamento.
Era accaduto molto tempo prima, quando le case erano nuove e dentro ancora non c’era nessuno.
Gli appartamenti erano ancora tutti in vendita, tutti disabitati. Non avevamo cacciato via nessuno, non avevamo rubato il tetto a un’altra famiglia. In un certo senso, noi eravamo meno colpevoli. Cosı`dovevamo stare in casa dalla mattina alla sera. Fingevamo di parlare con mamma e papa`. Tenevamo la radio ad alto volume. Cantavamo e spostavamo le sedie, come mio padre ci aveva detto di fare: «Tirate su un gran casino, in maniera che sentano che dentro c’e` gente ».
Ma anche se eravamo liberi di fare tutto il rumore possibile, alla fine ci annoiavamo da morire.
Cosı` avevo inventato un gioco.
Era una gara tra me e Francesco. Uno alla volta salivamo le scale fino all’ultimo piano e poi correvamo giu` veloci, suonando a ogni campanello. Ridevamo delle imprecazioni sguaiate degli altri inquilini. Ci minacciavano di prenderci a schiaffi o di dire
ai nostri genitori quello che combinavamo, ma poi non lo facevano mai, e noi diventavamo ogni giorno piu` sfacciati, non risparmiavamo nessuno.
Tranne un appartamento.
C’era una porta al quinto piano a cui non avevamo mai avuto il coraggio di suonare.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti innanzitutto all'autrice per aver vinto il concorso. Mi incuriosisce molto questo romanzo, lo leggerò di certo
buffy

Anonimo ha detto...

Complimenti, non capita spesso che un'autrice così giovane arrivi tanto in alto con un opera prima.
Gli articoli che proponete sono molto interessanti
Laura

Anonimo ha detto...

Avevo già l'intenzione di comprare il libro, sono convinta della scelta, visto che l'estratto mi è piaciuto! Auguroni per la tua carriera!

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