giovedì 31 gennaio 2013

Il “Cervino delle Dolomiti”, il simbolo delle Pale di San Martino - Seconda parte

di Rosengarten






Le Pale di San Martino racchiudono un bellissimo altopiano, che si svolge ad una quota media di circa 2.500 metri. Numerosi sono i sentieri che permettono di accedere e attraversano questa zona interna al massiccio, tra cui anche l’Alta Via N.2 delle Dolomiti.

Il Rifugio Rosetta Pedrotti può essere scelto come base di appoggio per alcune escursioni in quota, che potrete facilmente pianificare con la solita cartina topografica e qualche buon consiglio del gestore. Qui mi limiterò ad indicarvi la via normale alla Cima della Vezzana che, pur essendo la più alta di tutto il gruppo (mt. 3.192), non richiede esperienze alpinistiche. L’escursione richiede comunque un buon allenamento e piede fermo, dal momento che l’impresa impegnerà tutta la giornata (circa 6 ore, fra andata e ritorno) e si incontreranno passaggi su roccette di primo grado ed anche alcuni nevai, ove potrebbe essere utile una piccozza.
Dal Rifugio Rosetta Pedrotti si percorre l’itinerario già descritto del sentiero 716 che, passando per Passo Bettega, porta in Val dei Cantoni; in alternativa si può accedere alla Val dei Cantoni per il sentiero 703, che è incluso nell’Alta Via N.2. Risalite tutta la Val dei Cantoni fino ai 2.925 metri di Passo del Travignolo dal quale, piegando a destra, proseguirete alternernando ripidi ghiaioni, nevai, roccette e creste. L’orientamento sarà facilitato dagli ometti di sasso e la salita alla vetta non richiederà più di un’ora. Il ritorno al Rifugio potrà avvenire per lo stesso itinerario della salita.

A questo punto è arrivato il momento di dedicare alcune parole al fantastico Parco Naturale di Paneveggio – Pale di San Martino.

Il parco protegge una vasta zona montana, ben 197 km2, principalmente compresa nella provincia autonoma di Trento. La zona protetta include tutto il gruppo dolomitico delle Pale di San Martino e la zona orientale del massiccio del Lagorai, oltre diverse valli del Primiero (ad esempio la Val Canali) e della zona di Passo Rolle (ad esempio la Val Venegia ed il bacino del torrente Travignolo). Una delle zone più importanti del parco è la Foresta di Paneveggio, che interessa i comuni di Predazzo (Val di Fiemme), Tonadico e Siror (Val di Primiero).




La foresta è famosa per gli imponenti abeti rossi, molti dei quali, centenari, superano facilmente i trenta metri di altezza. Vi consigliamo di vivere alcune giornate in piena natura, all’interno del parco. Potete iniziare dal centro visita situato a Paneveggio, che oltre ad informarvi dei segreti naturalistici del parco (fauna, flora), costituisce un comodo punto di accesso alla foresta sopra descritta.




Un’altra escursione, che permette di accedere comodamente all’interno del parco, è quella che, partendo da Passo Rolle, conduce ai Laghi del Colbricon (mt 1.922) e, proseguendo oltre, raggiunge San Martino.  Si tratta di una passeggiata di circa 2,5 ore, che vi ripagherà con stupende viste sulle Pale e con allettanti tipici menù di montagna, da gustare nelle soste che vi concederete (solo a titolo di esempio, segnaliamo il Rifugio Colbricon ed il Rifugio Malga Ces).

Finora abbiamo parlato solo della parte Nord-ovest delle Pale di San Martino e della zona che gravita intorno a Passo Rolle. Molte altre informazioni potrebbero essere fornite ma, data la bellezza della zona, è mia intenzione dedicare un secondo articolo alla parte Sud-ovest del gruppo, nel quale troverete indicazioni per accedere alle montagne più amate da Dino Buzzati, il grande scrittore bellunese che amò le Dolomiti forse più degli stessi romanzi che lo hanno reso famoso.

lunedì 28 gennaio 2013

Django Unchained, il ritorno di Tarantino

di Hasmina


L’ombra di un uomo alto con un cappello si staglia minacciosa sulla parete della stanza prigione.
“Sono io, bambina”



Texas 1858. Django è uno schiavo nero, ma è anche l’uomo di cui il dottor King Schultz ha bisogno.
Schultz, medico dentista di origini tedesche che da qualche tempo esercita come cacciatore di taglie, è sulle tracce dei tre fratelli Brittle, su cui pende una taglia, ma non li ha mai visti in faccia, e Django è l’unico che li possa riconoscere.

Così lo acquista, poco male che faccia fuori i suoi proprietari, e fa con lui un patto: se lo aiuterà ad ammazzare i Brittle, lo renderà libero. Quale miglior piacere per un ex schiavo nero andare a caccia di bianchi ed essere pure ricompensato? Ma Django ha un obiettivo ancora più importante: ritrovare sua moglie, Broomhilde da cui è stato separato, e liberarla.

Schultz, affascinato dalla loro storia, che paragona alla leggenda nordica di Sigfrido, e colpito dal talento naturale di Django per le armi da fuoco, gli propone di lavorare insieme come cacciatori di taglie, e di cercare Broomhilde dopo l’inverno. Quando scoprono che si trova nella piantagione del potente e crudele Calvin Candie, ideano un piano per portarla via con loro, ma non tutto va per il verso giusto...


Omaggio di Quentin Tarantino al filone spaghetti western e alla pellicola del 66, Django, interpretata da un giovanissimo Franco Nero (al quale riserva una piccola parte nel film), Django Unchained ci propone una storia dal sottofondo drammatico, condita da humor, scene d’effetto, violenza e tanto sangue.

 
 
Una menzione meritano le musiche, è la prima volta infatti che la colonna sonora di un film di Tarantino include, oltre a brani tratti da altri film (come Django, Città violenta, I crudeli, Lo chiamavano King, Gli avvoltoi hanno fame, I lupi attaccano in branco, I giorni dell'ira, Lo chiamavano Trinità), composizioni originali come 100 Black Coffins (Rick Ross e Jamie Foxx) Who did that to you? (John Legend) e Ancora qui composta da Ennio Morricone.
Bravi gli interpreti, un meraviglioso Jamie Foxx (Miami Vice) e un carismatico Christoph Waltz (chi non lo ricorda in Bastardi senza Gloria? anche qui egregiamente doppiato da Stefano Benassi)  in primis, ma anche Di Caprio e l’intramontabile Samuel Lee Jackson, che non perde un colpo nel regalarci un manipolatore fatto e finito, benché nero e schiavo.
Ma nessun personaggio di Tarantino è scontato, e anche in Django, troviamo protagonisti intensi, dalle tante sfaccettature, accanto a personaggi che non sono che macchiette.
L’eroe di Tarantino (come anche nella tradizione degli spaghetti western)  è l’unico che resta in piedi a vendetta compiuta. Colui che si è liberato usando il cervello, che salva la donna della sua vita e che dispensa giustizia usando piombo e dinamite, godendosi alla fine lo spettacolo del suo operato (sulle note del mitico Trinità).

 

Ho scoperto Tarantino con Dal Tramonto all'Alba, interpretato da un formidabile e indomito George Clooney, apprezzato con Le Iene, Grindhouse, Jacky Brown, Bastardi senza Gloria, mentre non ho amato le pellicole dedicate alla trilogia di Kill Bill e Pulp Fiction, nonostante siano probabilmente i suoi lavori universalmente più noti. Django Unchained è un film avvincente, con protagonisti affascinanti e carismatici che sicuramente mi farà piacere rivedere... tuttavia, dal mio punto di vista perfettamente opinabile, se fosse stato un po' meno splatter sarebbe stato "perfetto".

 

lunedì 21 gennaio 2013

Classica: Grandi Speranze di Charles Dickens, ultima parte


di Faye

Siamo giunti al termine della lettura di Grandi Speranze di Charles Dickens.
La narrazione si fa più serrata, colorandosi di suspense e di una sfumatura noir che la penna di Dickens tiene in magistrale equilibrio con l’elemento sentimentale.

Il libro e il film

La “grande illusione” è giunta alla fine: gli adulti che hanno manipolato giovani innocenti, plasmandoli e facendone strumenti della propria vendetta, hanno raggiunto il  loro scopo. Troppo tardi si renderanno conto di aver creato inutile dolore e nuova sofferenza.
Il film realizzato da Mike Newell su sceneggiatura di Nicholls (Cold Feet, Il Quiz Dell’Amore, Tess of the D’Urbervilles per la BBC, Un Giorno), è opulento e fastoso nella ricostruzione storica; per chiare esigenze di spettacolo, la riduzione del testo originale finisce per comprimere l’aspetto sociale e drammatico della storia, dando invece ampio risalto alla storia d’amore fra Pip ed Estella.
In realtà, quando Dickens parla di sentimenti lo fa attraverso  frasi profonde, ma siamo molto lontani dalla veemenza di Hugo e, naturalmente, dalla sensibilità femminile delle sorelle Brönte. La regia di Newell punta molto sugli sguardi espressivi  di Jeremy Irvine e Holliday Grainger, due interpreti giovani che, proprio in quanto tali, interpretano perfettamente il loro ruolo di vittime innocenti.
La rinuncia alla voce fuori campo è giustificata dalla volontà di dare più evidenza ai protagonisti; tuttavia questo espediente, che era stato usato in tutte le versioni precedenti  (compresa quella, magistrale, di David Lean), avrebbe reso in modo più fedele lo spirito del romanzo che, lo ricordiamo, è raccontato in prima persona da Pip, anni dopo la conclusione della storia.
La rivisitazione degli eventi passati da parte del protagonista ormai adulto, che ha pagato con la sofferenza il proprio processo di maturazione, riscatta l’ingratitudine, la superficialità e l’egoismo di cui Pip ed Estella si erano inevitabilmente macchiati.
La responsabilità di questo, ci ricorda l’autore, è da ricercare nella mancanza di una famiglia e del suo calore, unico baluardo contro una società crudele e priva di scrupoli.

Capitoli 39- 58

Pip compie ventitre anni. La sua è la vita di un gentiluomo, ma un evento inatteso farà crollare tutti i suoi sogni. In una notte di tempesta, un uomo bussa alla sua porta: anziano, rozzo e sudicio, dimostra subito una confidenza che stupisce e spaventa Pip. È Magwitch, il galeotto che Pip ha aiutato da bambino nella palude. Deportato nel Nuovo Mondo, si è arricchito ed è a lui che Pip deve la sua ricchezza. Pur di rivedere il ragazzo, è ritornato a Londra ben sapendo che rischia la condanna a morte; tutto questo però, invece di commuovere Pip, lo terrorizza e lo sconvolge. Sapere di essere debitore di tutto a un uomo macchiato da chissà quale crimine, gli ripugna e gli fa comprendere che tutti i suoi sogni sono svaniti e che non potrà mai avere un futuro con Estella. Costretto ad ospitare Magwitch, con la complicità di Herbert finge che si tratti di suo zio Provis, venuto dalla campagna. Magwitch racconta la sua storia, una vita di stenti e furti culminata con la condanna a 14 anni di lavori forzati, mentre il suo mandante Compeyson era stato condannato a molto meno. Il nome di Compeyson e di un altro suo complice, Arthur, fanno comprendere che si trattava rispettivamente del promesso sposo e del fratello di Miss Havisham, coloro che l’avevano ingannata per derubarla del suo patrimonio. Pip comprende di dover allontanare Magwitch e decide che non accetterà più i suoi soldi. Per prima cosa si reca da Miss Havisham dove sa che troverà Estella.  Sfoga il suo dolore contro l’anziana signorina che aveva alimentato la sua illusione, lasciandogli credere di essere la sua benefattrice e confessa il suo amore ad Estella, pur sapendo che ormai non ha più nulla da offrirle. La ragazza, pur consapevole di ferirlo profondamente, gli comunica che intende sposare Drummle.

Estella, carissima, carissima Estella, non lasciare che Miss Havisham ti conduca a questo passo fatale. Mettimi da parte per sempre - l'hai già fatto, lo so bene - ma concediti a una persona più degna di Drummle. Miss Havisham  ti dà a lui, come oltraggio e disprezzo per gli uomini infinitamente migliori di lui che ti ammirano e per quei pochi che ti amano veramente. Tra quei pochi forse ce n'è uno che ti ama con la stessa mia tenerezza, anche se non da così lungo tempo. Prendi lui, e riuscirò a sopportarlo, per amor tuo!
….
Tu sei parte della mia vita, parte di me stesso. Sei stata in ogni riga che ho letto da quando sono stato qui, un ragazzo ordinario e rozzo il cui povero cuore hai ferito già allora.
Sei stata in ogni cosa che ho visto da quella volta - nel fiume, nelle vele delle navi, nella palude, nelle nuvole, nella luce, nel buio, nel vento, nei boschi, nel mare, nelle strade. Hai dato corpo a ogni soave fantasia che la mia mente ha conosciuto. Le pietre di cui son fatte le case più salde di Londra, non sono più reali né più impossibili da spostare con le mani, di quanto la tua presenza e influenza siano state, e sempre saranno per me, qui e dovunque. Estella, sino all'ultima ora della mia vita, non avrai scelta e rimarrai parte della mia natura, parte di quel po' di bene che è in me, parte del male.


Pip torna a Londra, ma qui trova un messaggio di Wemmick che lo avverte di non tornare a casa. Pip scopre così che si è saputo del ritorno di Magwitch in Inghilterra e che qualcuno, probabilmente Compeyson, lo sta sorvegliando. Magwitch viene trasferito in un alloggio vicino al fiume e, in attesa di poterlo imbarcare per trasferirlo all’estero, Pip e Herbert si allenano a remare per preparare una fuga che non desti sospetti.
Jaggers informa Pip che Estella si è sposata: durante una cena a casa dell’avvocato, Pip realizza improvvisamente che Molly, la taciturna governante, assomiglia in modo straordinario a Estella. Wemmick gli rivela che si tratta di una donna accusata vent’anni prima di un omicidio commesso per gelosia, che Jaggers aveva difeso e salvato dalla forca. Molly aveva avuto una figlia e si diceva che l’avesse uccisa per vendicarsi del compagno.
Il giorno seguente Pip si reca da Miss Havisham, che l’ha convocato. La donna è distrutta e in preda ai rimorsi: si offre di aiutare finanziariamente Pip, il quale accetta solo il denaro necessario a procurare un piccolo capitale ad Herbert e farlo diventare socio in una ditta di esportazioni..

- Cos'ho fatto! Cos'ho fatto! - Si torceva le mani, si arruffava i capelli bianchi, gridando di continuo: Cos'ho fatto!
Non sapevo cosa rispondere o come confortarla. Sapevo bene che aveva fatto una cosa crudele prendendo una creatura sensibile e plasmandola in modo che il selvaggio rancore, l'amore schernito e l'orgoglio offeso si trasformassero in vendetta. Ma sapevo ugualmente che, negandosi la luce del giorno, si era negata molto di più; che nel suo isolamento, si era isolata dagli influssi naturali che l’avrebbero guarita; che la sua mente, rimuginando in solitudine, si era ammalata, come accade e deve accadere e accadrà, a tutte le menti che invertono l'ordine designato dal loro Creatore. E come potevo fare a meno di averne pena, vedendo la sua punizione in quella rovina, nell’impossibilità di vivere nel suo mondo, nella vanità del dolore che era diventato mania dominante, come la vanità della penitenza, la vanità del rimorso, la vanità del demerito e altre mostruose vanità che sono le maledizioni di questo mondo?


Pip ha dalla donna la conferma indiretta che Estella è veramente figlia di Molly, una bambina che lei aveva adottato piccolissima e che le era stata portata da Jaggers. Disperata per il male che ha arrecato sia a Estella che a Pip, Miss Havisham cerca il perdono del ragazzo, ma un incidente terribile la conduce in fin di vita; un tizzone del camino, caduto sui suoi vestiti marcescenti l’avvolge nelle fiamme, nonostante Pip si ustioni le mani nel tentativo di soffocare il fuoco.
Pip torna a casa e qui apprende da Herbert ciò che Magwitch gli ha raccontato della sua vita. È lui il compagno di Molly e il padre di Estella, anche se è convinto che la donna abbia ucciso la figlioletta per vendicarsi.
Dopo qualche settimana, si presenta l’occasione di far espatriare Magwitch ad Amburgo; il piano è quello di raggiungere il battello sul fiume, ma Pip ha il braccio ustionato e devono ricorrere all’aiuto di Startop. La sera prima della fuga, Pip è attirato in un’imboscata da Orlick. L’ex garzone di Joe è pazzo e vendicativo e si appresta ad uccidere Pip dopo aver confessato di essere il responsabile della morte di sua sorella. All’ultimo istante, Pip è salvato da Herbert e Startop che l’hanno rintracciato.
La notte progettata per la fuga di Magwitch, tutto sembra andare secondo i piani, ma proprio quando la barca sta per raggiungere il vapore, una galea della polizia guidata da Compeyson interviene. Nella lotta, Magwitch è ferito gravemente e fatto prigioniero.
Pip comprende che tutto è perduto e questo fa nascere in lui una nuova consapevolezza.


Perché ora tutta la mia ripugnanza per lui si era dissolta, e nella creatura braccata, ferita, ammanettata che teneva la mia mano nella sua, vedevo solo un uomo che aveva voluto farmi del bene, e che aveva avuto per me affetto, gratitudine, generosità con grande costanza attraverso molti anni. In lui vedevo solo un uomo infinitamente migliore di quanto io non fossi stato con Joe.

Magwitch è condannato a morte, ma Pip ora lo assiste con tutta la tenerezza che gli aveva negato in precedenza. Poco prima che l’uomo muoia a causa delle ferite riportarte, Pip gli confessa che la sua bambina non è mai stata uccisa, che è diventata una signora e che lui, Pip, l’ama con tutto il cuore. Magwitch muore serenamente.
Pip rimane solo, poiché Herbert – che ignora di dovere la sua fortuna a Pip – è in partenza per il Cairo, dove vivrà con la moglie e dove si offre di accogliere l’amico in qualunque momento. Una grave malattia colpisce Pip, proprio quando i suoi creditori lo assalgono e cercano di portarlo in prigione. Il ragazzo è in fin di vita ma viene curato e salvato da Joe che accorre al suo fianco e salda i suoi debiti, pre allontanarsi discretamente non appena Pip guarisce.
Pip comprende tutta la grandezza e la bontà di Joe e si pente per averlo trattato così rudemente. Pieno di rimorsi torna alla fucina, pensando di vivere sempre con lui e di sposare Biddy. Invece, giunto alla sua vecchia casa, scopre che Biddy e Joe si sono appena sposati. Felice per loro, chiede perdono ed esprime tutta la sua riconoscenza. Decide quindi di raggiungere Herbert: lavorerà con lui fino a quando riuscirà a ripagare il debito contratto con Joe e a rimettere in sesto le sue finanze

- E Joe e Biddy, poiché oggi siete stati in chiesa, e sentite carità e amore per tutti gli uomini, accettate il mio umile grazie per quanto avete fatto per me, e che io ho così mal ripagato! E quando vi dico che me ne andrò entro un'ora perché sto partendo per l'estero, e che non avrò pace finché non avrò guadagnato e non vi avrò spedito il denaro con cui  mi avete evitato la prigione, non pensate, cari Joe e Biddy, che, se anche potessi ripagarvi mille volte tanto, io creda di poter cancellare anche solo uno spicciolo del mio debito con voi, o che, potendolo fare, lo vorrei!
Si commossero entrambi a quelle parole, e mi pregarono entrambi di non dir altro.

Cap. 59 – L’epilogo

Sono passati undici anni. Pip ha ristabilito la sua fortuna e torna in Inghilterra per una visita. Joe e Biddy lo accolgono con affetto: hanno avuto due figli e hanno dato il nome di Pip al loro primogenito. Biddy, gentile e materna come sempre, sprona Pip a sposarsi, e di fronte alla sua reticenza capisce che lui pensa ancora ad Estella.
Estella aveva avuto una vita infelice: il marito “un miscuglio di superbia, avarizia, violenza e meschinità” l’aveva lasciata vedova in seguito ad una caduta da cavallo e Pip ignorava se lei si fosse risposata. Desideroso di rivedere il luogo che tanta parte aveva avuto nel suo destino, si reca a casa Satis, per scoprire che non rimane più nulla della vecchia dimora, solo un giardino non curato ed il muro di cinta. All’improvviso, dalla nebbia della sera, emerge una figura.

- Estella!
- Sono tanto cambiata. Mi meraviglio che tu mi riconosca.
E davvero la sua bellezza era sfiorita, ma rimanevano, indescrivibili, la sua maestosità e il fascino. Erano attrattive che avevo già visto in passato; ciò che non avevo mai visto, era la luce tristemente addolcita degli occhi, un tempo alteri; ciò che non avevo mai sentito prima, era il tocco amichevole di quella mano un tempo insensibile.
Sedemmo su una panca e dissi: - Dopo tutti questi anni, è strano incontrarci di nuovo dove ci siamo visti la prima volta! Ci torni spesso?
- Da allora non ci sono più tornata.
- Neanch'io.

- Tante volte ho sperato e voluto tornare, ma le circostanze me l'hanno impedito. Povero, povero vecchio luogo!
La nebbia argentata fu sfiorata dai primi raggi della luna e gli stessi raggi e sfiorarono anche le sue lacrime. Non sapendo che le vedevo e cercando di fermarle, disse quietamente: - Mentre camminavi qua intorno, ti sei domandato perché tutto sia ridotto così?
- Sì, Estella.
- Il terreno mi appartiene. È l'unica cosa che mi è rimasta. Tutto il resto se n'è andato, poco alla volta, ma questo l'ho tenuto. È stato l'unico oggetto della mia determinazione, in tutti questi anni infelici.
- Ci costruiranno?
- Alla fine sì. Sono venuta a dire addio prima che tutto cambi. E tu -  disse con tenera emozione nei confronti di un povero giramondo -  vivi ancora all'estero?
- Sì.
- E ti è andata bene, vero?
- Lavoro molto per guadagnarmi discretamente da vivere, e quindi - sì, mi è andata bene.
- Ti ho pensato spesso.
- Davvero?
- Negli ultimi tempi, molto spesso. C'è stato un tempo lungo e difficile in cui ho tenuto lontano il ricordo di ciò che avevo buttato via, quando ne ignoravo il valore. Ma da quando il mio dovere non è più stato incompatibile con quel ricordo, gli ho dato un posto nel mio cuore.
- Tu hai sempre avuto un posto nel mio cuore - risposi.
E di nuovo tacemmo, finché lei parlò.
- Non avrei mai pensato di poterti dire addio, proprio mentre dicevo addio a questo luogo. Sono contenta che sia così.
- Contenta di separarci di nuovo, Estella? Per me, separarsi è doloroso. Per me, il ricordo della nostra ultima separazione è sempre stato un lutto doloroso.
- Ma hai detto - rispose con aria grave - Dio ti benedica, Dio ti perdoni! E se hai potuto dirlo allora, non esiterai a dirmelo ora - ora, quando la sofferenza è stata l'insegnamento più forte di tutti, e mi ha fatto capire com'era il tuo cuore. Sono stata piegata, spezzata, ma - spero - in una forma migliore. Sii premuroso e buono con me come allora, e dimmi che siamo amici.
- Siamo amici - dissi, alzandomi e chinandomi su di lei, mentre si alzava dalla panchina.
- E continueremo ad esserlo anche lontani – disse Estella.
Le presi la mano nella mia, e uscimmo dal luogo in rovina; e come la nebbia del mattino si era alzata molto tempo prima, quando avevo lasciato la fucina, così si stava alzando ora la nebbia della sera, e in tutta la vasta distesa di luce quieta che scorsi allora, non vidi l’ombra di un altro distacco.


FINE

Questo finale, che lascia intendere la possibilità di una vita futura per Pip ed Estella, fu scritto da Dickens come una revisione al primo, più amaro. Nella precedente versione, infatti, Estella si è risposata e l’unica consolazione rimane la comprensione che il dolore passato le ha restituito un cuore più dolce. Il libro terminava con queste parole di Pip:
«La sofferenza è stata più forte degli insegnamenti di Miss Havisham e le ha dato un cuore per capire quali sono stati i miei reali sentimenti per lei.»




La lettura di Grandi Speranze termina qui.
Il progetto “Classica” vi dà appuntamento a breve per conoscere e approfondire insieme un altro famoso libro: dalle nebbie della Londra di Dickens a quelle, molto più inquietanti, della Transilvania, per l’ultimo, grande romanzo gotico.
Dracula di Bram Stoker.

giovedì 17 gennaio 2013

A piedi nudi nell'erba di Susan Mallery


By Andreina


Una donna all'apparenza forte, nasconde spesso insicurezze e ferite che la rendono inquieta. E non sempre tornare a casa significa conquistare la pace, soprattutto se lo scenario che troviamo ad accoglierci è il più lontano possibile da quello che ci eravamo immaginati. Quando Michelle Sanderson arriva al Blackberry Island Inn per proseguire l'attività di Bed and Breakfast di sua madre, scopre che la casa è sotto ipoteca e ci vive anche la sua ex migliore amica, Carly Williams. Il suo primo istinto è cacciarla il più in fretta possibile, ma le circostanze costringono le due donne a collaborare nella gestione dell'albergo. Tra scontri, incontri e ammissioni di colpa, Michelle avrà modo di fare i conti con se stessa, imparando a sentirsi di nuovo a casa, liberandosi dai fantasmi del passato per camminare di nuovo a piedi nudi nell'erba.


A piedi nudi nell'erba è un  romanzo che  appartiene alla neonata collana Harlequin da libreria.
E’ un libro molto carino e per nulla scontato, scritto con semplicità, dal linguaggio piacevolmente scorrevole. Leggendo la trama, si capisce subito che questa non è la classica storia d'amore tra un uomo e una donna, ma principalmente la storia di un'amicizia tra due ragazze che le incomprensioni e le gelosie hanno allontanato.
Michelle e Carly erano amiche sin dall’adolescenza. Diventate adulte, un fatto accaduto tra loro ha rovinato il loro rapporto.
Michelle, andata via di casa anni prima,  è un soldato che ha partecipato a  missioni sia in Iraq che in Afghanistan. Congedatasi poi dall’esercito, torna nella sua isola per riprendere in mano la locanda  Blackberry Island  ereditata dal padre.
La sua vita  non è stata facile, ed essendo una donna, il suo percorso per riprendere in mano la propria esistenza non sarà per niente una passeggiata. Il suo carattere, avvelenato dalle precedenti esperienze, la rende oltre che fragile, rancorosa verso  tutti.

La scrittrice è stata molto brava a descrivere lo stato emotivo di Michelle, reduce dalle missioni per l’esercito. Il suo percorso di risalita sarà duro, perché dovrà imparare a convivere con gli incubi del passato e a riconoscere di aver bisogno di aiuto.
Carly lavora nella locanda di Michelle, e vive nella paura che  la sua ex-amica, ancora piena di rancore, la licenzi in tronco quando tornerà a gestire la locanda, buttando lei e la figlia in mezzo a una strada.
Costrette dalle circostanze, le due ex- amiche stringeranno una tregua perché anche se si tollerano a malapena, in verità una non può fare a meno dell'altra.
È  anche la storia di due ragazze che si amavano come sorelle, e che insieme  cercano in tutti i modi di sopravvivere  in un mondo che le ha deluse.
Più di tutto  è questo che mi è piaciuto nel romanzo, il fatto che non sia la solita storia dove c’è un  lui, una lei, l'amore e un  finale scontato, ma un romanzo piacevole che  certamente   ha   la  componente amorosa di rilievo, anche se questa non è certo  il fulcro della storia.
A piedi nudi nell'erba è una frase  a cui attribuisco svariati significati, ma come titolo, credo vada  bene per qualsiasi genere letterario. Personalmente,  lo intendo come una sorta di liberazione; togliersi le scarpe e camminare sull'erba,  ovvero fidarsi di qualcuno.
In questa storia credo che il significato sia  mirato verso le due amiche che dovranno rivedere i loro sentimenti e tornare a fidarsi l’una dell’altra.
In fondo, ci sono tante sfumature a cui possiamo attingere.
Come sempre, tutto dipende dalle sensazioni che ognuno di noi prova.
Se volete leggere un romanzo carino, e passare un piacevole pomeriggio, infilatevi una tuta calda, un paio di pantofole, preparatevi una bella tazza di te e sprofondate nella vostra poltrona preferita. Magari accendetevi una candela profumata e leggete con tranquillità la storia di Michelle e Carly: scoprirete il loro passato, il loro presente, gioirete e soffrirete con loro.

Sono sicura che una volta finito di leggere A piedi nudi nell'erba, non vedrete l'ora di sapere cosa succederà dopo, perché questo libro fa parte della trilogia chiamata Blackberry Island che potrebbe avere per protagonisti alcuni personaggi secondari che si prospettano interessanti.
Speriamo quindi che la Harlequin, e una carissima nostra conoscenza, ci possa deliziare continuando a pubblicare questa serie.
Inoltre mi sento in dovere di fare i complimenti per la cover italiana di questo libro, perchè mi piace molto di più  di quella originale! Voi care lettrici che ne pensate? Siete d'accordo con me?







lunedì 14 gennaio 2013

Ed erotico fu....

by Astasia



 
Le lettrici fameliche conosceranno quel circolo vizioso che recita: se ti è piaciuto questo titolo allora ti piacerà anche, oppure la variante chi ha acquistato questo titolo  ha comprato anche... .
Se riesci a rimanere abbastanza lucida, sei anche in grado di apportare una selezione quanto meno razionale nei titoli cloni che ti vengono proposti, ma se ti ritrovi nelle mie condizioni all'indomani della fine del terzo libro di Cinquanta Sfumature, sei pressochè una lettrice spacciata.
Che io abbia adorato Fifty non è un mistero per nessuno, ma non è di Mr Grey e soci che voglio parlare oggi, quanto dei miei penosi e irrazionali tentativi di rivivere con altri romanzi le stesse emozioni che ho provato fra le pagine scritte da E.L. James. A gettare benzina sul fuoco hanno concorso non solo una virata stretta del mercato editoriale verso quel tipo di letteratura erotica che richiamasse Fifty anche solo in lontananza, ma anche la mia possibilità di leggere in inglese.
Qualcuno è già in grado di capire come la mia fine fosse pressochè annunciata.

Ovviamente il primo pensiero va a Sylvia Day con il suo A nudo per per te. Recensioni d'oltreoceano entusiaste, tantissime analogie con Fifty e una Day che usciva vincente su molti fronti e quasi all'unanimità.dal confronto con Cinquanta Sfumature. Non potevo lasciarmelo scappare, ma se l'avessi fatto forse sarebbe stato meglio. Indubbiamente la Day maneggia una tecnica espressiva superiore della James, ma quanto a carisma dei personaggi io ho trovato solo il deserto.La protagonista femminile mi è risultata odiosa da subito, mentre lui ai miei occhi manca totalmente di quell'aurea di potere e possessività che mi ha fatto innamorare di Mr. grey.
Non si è creata alcuna aspettativa, ma solo squallidi teatrini di una coppia che non è in grado di dialogare.Una trama e dei personaggi ai miei occhi piuttosto insulsi, che  mi hanno comunicato solo fastidio.
Sento già alcune lettrici caricare i fucili, ma aspettate di arrivare in fondo. L'angioletto consigliere sulla spalla mi ha sussurrato che nutrivo troppe aspettative e che leggevo con il ricordo troppo vivo  di Mr. Grey, insomma, dovevo abbassare il profilo.
Per farlo contento e anche scandalizzarlo, scelsi un libro per adesso pubblicato solo in inglese dal titolo Gabriel's inferno. Ero convinta di essere sulla buona strada: Gabriel è un professore universitario esperto di Dante Alighieri, mentre la protagonista è una studentessa all'ultimo anno. E in pieno stile Fifty, anche Julia Mitchell veste all'inizio i panni della fanciulla un po' imbranata al primo incontro, immagine secondo me  mutuata da Bella di Twilight.
Il risultato però è stato davvero terrificante, Gabriel's inferno si è rivelato infatti un inferno da leggere e nel senso più negativo. Una trama scollacciata, un protagonista maschile che nei sogni proibiti dell'autrice doveva offrire un'austerità intrigante ed ermetica, ma che in fondo rasenta quasi la cattiveria gratuita. Mi rendo conto che non è facile rendere personaggi travagliati e inquietanti e spesso si tende a calcare troppo la mano, con il risultato che il protagonista si rende davvero odioso,come appunto a mio avviso accade in questo romanzo.
Mentre l'angioletto coll'indice mi bacchetta per la mia scelta (mi rendo conto che il suo parere alla luce del titolo è un po' di parte), mi giro verso il diavoletto sull'altra spalla che si sfrega le mani compiaciuto.
Cosa vuoi che sappiano gli angeli di erotismo, lascia fare a me! 90 giorni di tentazione è il titolo giusto, mi sussurra serafico.
Dopo le precedenti scottature ero davvero reticente e non mi sbagliavo nemmeno questa volta. Una scrittura piatta e insipida, una narrazione in terza persona che è un'illusione, perchè il punto di vista è sempre e solo quello della protagonista. Genevieve accetta di sottostare ai desideri del miliardario James Sinclair per novanta giorni, non per un'attrazione fisica che non riesce a dominare, non per la curiosità di esplorare nuovi confini o per scoprire se stessa, no.....Genevieve accetta inizialmente solo per spuntare una commessa prestigiosa, che darebbe smalto e brillantezza alla sua carriera lavorativa. Personalmente non l'ho proprio digerito e non si  può negare che fra le pagine di un libro io sia piuttosto democratica. Poi a rincarare uno squallore imperante ci si mette pure Sinclair con commenti davvero poco lunsinghieri nei confronti dellla donna. Il libro si è risparmiato un incontro ravvicinato con la parete solo per via di un finale che cerca di recuperare un po' di sentimento, quando comunque ai miei occhi il danno era ormai fatto.
Errare è umano ma perseverare è diabolico, e il demonietto sulla mia spalla lo sa bene, per cui mi scodella un altro titolo, sussurandomi diabolico che era una proposta che non potevo rifiutare.
Dopo l'inferno di Gabriel, mi brucio leggendo Giocando col fuoco di Sadie Matthews. Sono così stordita che nemmeno reagisco alla narrazione in prima persona, anche se un guizzo di interesse comincia a muoversi nella trovata di far sbirciare la protagonista attraverso la finestra ( è tanto Hitchcock e la Finestra sul cortile). Ma il divertimento ahimè nasce e muore, perchè Dominic si rivela un protagonista preda di una sindrome incurabile, pericolosa per tutti i Master o finti tali che escono dalle penne delle scrittrici: la cucciolite. Dicasi cucciolite quando il personaggio viene caricato di aspettative dalle tinte un po' tenebrose e molto forti per poi riverlarsi un cucciolo innocuo, capace di scondinzolare felice agli occhi delle protagoniste.
Qualcuno si starà chiedendo se a questo punto finalmente io non abbia deciso di cambiare decisamente lidi e atterrare su nuovi pianeti di lettura, magari su quelli del giallo o della fantascienza. Nulla da fare, sono in crisi di astinenza e continuo imperterrita la via della distruzione. Bazzicando facebook incappo nel romanzo dal titolo Incontri Proibiti. Stessa spiaggia stesso mare, solo con una riduzione dei tempi ( e io dico per fortuna!).
La protagonista accetta la proposta indecente di trascorrere un week end dove avrebbe sottostato ai voleri del suo ex amante ora rinomato professore, bendata e senza contatti con il mondo esterno. Un fine settimana nel quale si concederà a lui senza indugio, dimenticando tutto, anche di essere una moglie e una madre.
C'era parecchia carne al fuoco, e io morivo dalla curiosità di leggere come Alexandra sarebbe venuta a patti con la sua coscienza, i turbamenti, le dicotomie. Con Incontri Proibiti sono perlomeno arrivata alla conclusione di aver toccato il fondo, cioè che peggio di questo ( forse) non sarei riuscita a leggere. Qui non c'e' finale che risollevi apparentemente una storia inclassificabile, non c'e' un'abilità espressiva che addolcisca l'amaro gusto di un rapporto che non esprime nulla, ma che al contrario proprio sul finale svelerà retroscena davvero terrificanti, e non c'e' sospensione dell'incredulità che vi possa salvare. Pensare che questa storia sia stata concepita come una trilogia mi provoca raccapriccio. Stremata da questa lettura potevo solo elaborare un pensiero coerente: ridatemi il mio Fifty! 
Il post originariamente finiva qui, perchè l'ultimo titolo aveva rappresentato davvero una lettura devastante per me. Forse è stato così bruciante che tutto quello che è venuto dopo poteva solo che essere quasi bello, per questo non mi è dispiaciuto il libro di R K. Lilley  In Flight ( inedito in Italia), primo libro di una trilogia (non ho più nemmeno la forza di scrivere a questo proposito) che vede protagonisti Bianca, una hostess di volo e James Cavendish, multimiilionario bello e irraggiungibile. Io ho tanti punti deboli e dopo i professori universitari, i piloti e i Fifty farlocchi, arrivano anche le hostess e il loro rutilante stile di vita sempre in giro per il mondo. A questo libro il merito di aver un po' spogliato le hostess di quella patina dorata. Bianca viene quasi dipinta come una cameriera che serve champagne. Vero, a tremila metri di quota e in business class, però la realtà non cambia:  Bianca serve cibi  e bevande lungo i corridoi degli aerei sempre con il sorriso sulle labbra, anche quando il suo cuore sanguina a causa di un multimilionario bello come un top model, possessivo da rasentare lo stalker e dai gusti sessuali alquanto fuori dagli schemi. All'inizio niente di particolarmente eccitante, poi l'autrice riesce a colpire basso. Bianca per scaricare lo stress dipinge e James riesce a buttare gli occhi sui suoi dipinti. E io che nell'arte trovo un'emozione indescrivibile, ho quasi ceduto, tanto che mi sono comprata anche il secondo libro della trilogia. Inoltre voglio spezzare una lancia non tanto nei confronti dei protagonisti principali, quanto del collega di Bianca, Stephan. Amico e collega che la protegge da anni e con la quale ha condiviso un'adolescenza inenarrabile. Ragazzo dolcissimo e gay che molte di noi credo vorrebbero avere vicino.

giovedì 10 gennaio 2013

Classica: Grandi Speranze di Charles Dickens, terza parte

di Faye

Grandi Speranze, il romanzo di Charles Dickens che stiamo rileggendo insieme a voi, è giunto nella sua parte centrale. L’infanzia di Pip ormai è definitivamente conclusa, e lo ritroveremo a doversi confrontare con Londra e con la difficile impresa di trasformarsi in gentleman.


Guida alla lettura

Il termine originale “expectations”, reso in italiano con "speranze", rende più evidente il filo conduttore del libro, che troveremo nei capitoli in esame: le aspettative dell’ingenuo protagonista si scontreranno infatti con quelle degli adulti che lo stanno, a sua insaputa, manovrando. Pip, convinto di poter diventare artefice del proprio destino, non sarà altro che un'inconsapevole marionetta nelle mani dell’altrui egoismo.
Come sempre, la scrittura di Dickens è eccezionale, sia nel delineare i caratteri dei protagonisti, che nel disegnare spaccati di vita sociale. Superba la descrizione di Londra, della vita vuota di una parte della società e di quella affannosa e disperata della moltitudine priva di mezzi.

Capitoli 20-38

Pip arriva a Londra e Jaggers gli comunica che per qualche giorno, prima della sua sistemazione definitiva in casa di Matthew Pocket, sarà ospitato dal figlio di questi, Herbert, nel suo alloggio di Barnard’s Inn. La sistemazione è squallida, la prima delusione delle “grandi speranze”. Con sorpresa di entrambi, Pip riconosce in Herbert il giovane pallido con il quale aveva fatto a pugni nel giardino di casa Havisham. I due ricordano con divertimento l’episodio del passato e sarà proprio Herbert a svelare a Pip la storia di Miss Havisham. Viziata e orgogliosa figlia di un mercante di birra, si era perdutamente innamorata di un uomo indegno che l’aveva abbandonata il giorno delle nozze, facendole recapitare una lettera. Da quell’istante Miss Havisham aveva fermato tutti gli orologi della casa e si era rifiutata di vedere ancora la luce del sole. In seguito  la donna aveva adottato la superba e bellissima Estella con lo scopo di educarla a spezzare i cuori degli uomini, per vendicarsi attraverso lei dell’onta subita.
Pip viene accompagnato da Herbert in casa Pocket: oltre alla numerosa famiglia, qui incontrerà altri due pensionanti, Drummle e Startop. La sua “educazione” sarà personalmente curata da Matthew Pocket che gli suggerisce di iniziare a muoversi in società per raffinarsi. Pip chiede di mantenere, come alloggio di città, la sistemazione con Herbert con il quale ha stretto amicizia.
Pip si abitua ben presto alla sua nuova situazione; comincia a spendere somme che “solo poco tempo prima avrebbe giudicato favolose”, va a teatro, in barca sul fiume, frequenta Jaggers, Herbert, Drummle e Startop; è convinto di essersi socialmente elevato e, quando riceve da Biddy la notizia di una visita da parte di Joe non ne è affatto contento.

Lasciate che vi confessi apertamente cosa provassi al pensiero della visita di Joe.
Non piacere, nonostante i legami che ci univano, ma un considerevole fastidio, una certa mortificazione, un acuto senso di assurdità. Se avessi potuto pagare per tenerlo lontano, lo avrei fatto. Mi tranquillizzavo solo pensando che sarebbe venuto a Barnard's Inn, non a Hammersmith, e non avrebbe quindi incontrato Bentley Drummle. Non obiettavo al fatto che lo vedessero Herbert o suo padre, che rispettavo, non avevo granché da obiettare, ma mi turbava profondamente che lo vedesse Drummle, che disprezzavo. In questo modo, nella vita, commettiamo solitamente gli atti più vili e meschini, per evitare il giudizio della gente che disprezziamo di più.


La visita di Joe è penosa per entrambi, dal momento che Pip ha perso la propria spontaneità e il buon fabbro si trova in soggezione. Joe  comunica a Pip un messaggio di Miss Havisham: Estella è tornata a casa e vuole rivederlo. Il ragazzo parte immediatamente, animato dal desiderio di incontrare la giovane donna. Nella sua fantasia, si vede destinato da Miss Havisham, che ritiene artefice della propria fortuna, a sposare Estella. Ancora prima d’incontrarla, Pip è consapevole di essere innamorato di lei, nonostante il suo carattere difficile.

La verità nuda e cruda è che quando amai Estella col mio amore di uomo, l'amai semplicemente perché non potevo resisterle. Una volta per tutte: spesso, anche se non sempre, mi resi conto, patendone, che l'amavo contro ogni possibile ragione, promessa, pace, speranza, felicità, contro ogni possibile scoraggiamento. Una volta per tutte: non l'amai di meno, rendendomene conto, né me ne sentii frenato, più di quanto mi sarei lasciato frenare se l'avessi fervidamente creduta la perfezione fatta persona.

L’incontro con Miss Havisham e, soprattutto, Estella, lascia Pip senza parole. Bellissima, ma altera e superba come sempre, sembra prendersi gioco dei sentimenti di Pip.

Le ricordai il luogo dove mi aveva dato da mangiare e da bere, e lei disse: “Non ricordo.”
 - Neppure che mi hai fatto piangere?
- No - disse scuotendo la testa e guardandosi intorno.
Il fatto che non ricordasse e la sua indifferenza mi fecero piangere di nuovo, dentro .-E questo è il pianto più amaro di tutti.
- Devi sapere -  disse Estella con l'aria condiscendente di una donna bella e brillante - che non ho cuore – anche se ciò non ha nulla a che fare con la mia memoria.
Farfugliai qualcosa, tentando di farle capire che osavo dubitarne. Che sapevo quel che dicevo. Che non poteva esservi una tale bellezza senza un cuore.
- Oh! Ma un cuore ce l'ho, da pugnalare o trapassare con una pallottola, questo sì; e se cessasse di battere, io cesserei di esistere. Ma tu sai quello che voglio dire. Non ho  tenerezza, lì... né comprensione... né sentimento.


Pip è totalmente soggiogato dalla giovane donna, e oltretutto Miss Havisham soffia crudelmente sul fuoco di questa passione non corrisposta:

Mi mise un braccio intorno al collo e mi tirò giù la testa, avvicinandola alla sua.
-  Amala! Amala! Amala! Come ti tratta?
Prima di poter rispondere (sempreché riuscissi a rispondere a una domanda così difficile), ripeté: - Amala! Amala! Amala! Amala se è gentile con te. Se ti ferisce, amala. Se ti dilania il cuore - e più il cuore è vecchio, più profondamente si dilania - amala, amala, amala!
Mai avevo visto una bramosia più appassionata….
- Ascoltami, Pip! L'ho voluta adottare perché fosse amata. L'ho voluta allevare e istruire perché fosse amata. L'ho fatta diventare quella che è perché potesse essere amata. Amala!
Disse la parola con tale frequenza da non lasciar dubbi sulle sue intenzioni; ma se la parola tanto ripetuta fosse stata “odio” invece di “amore”, o – disperazione, o vendetta o morte, non sarebbe sembrata più simile a una maledizione.
- Ti dirò - disse ancora sussurrando in fretta e in modo appassionato - cos'è il vero amore. È devozione cieca, umiliarsi senza far domande, essere completamente sottomessi, credere e fidarsi contro se stessi e il mondo intero, abbandonare il proprio cuore e la propria anima all'aguzzino - come ho fatto io!


Pip ritorna a Londra dove cerca in modo confuso e disordinato di perseguire la sua formazione di gentiluomo. Confessa a Herbert la sua passione per Estella che trova nuovo alimento in un biglietto della ragazza. Estella sta per arrivare a Londra e chiede a Pip di accompagnarla nel suo breve viaggio fino a Richmond. I due giovani parlano del passato, di Miss Havisham e di Mr  Jaggers, che Estella conosce molto bene. L’amabilità della fanciulla conquista Pip anche se lui è consapevole della sua scarsa sincerità.
L’amore per Estella, un vago rimpianto per la vita semplice del passato e l’incapacità di trovare un equilibrio, fanno sì che Pip inizi a spendere senza freni, travolgendo anche il più modesto Herbert. I due amici frequentano il circolo “I fringuelli del boschetto”, dove incontrano l’odioso Drummle.

Spendevamo più denaro possibile, ottenendone in cambio il minimo che gli altri si decidevano a darci. Eravamo sempre più o meno infelici e quasi tutti i nostri conoscenti si trovavano in una condizione simile. Fingevamo allegramente di divertirci sempre, sapendo in segreto di non farlo mai.

Una parentesi dolce amara è rappresentata dal ritorno di Pip a casa, in occasione della morte della sorella. Ha modo di parlare e confrontarsi ancora con la dolce Biddy e il buon Joe, ma questo non cambia il suo desiderio di elevarsi al si sopra di loro.
Ritornato in città, Pip diventa maggiorenne ed entra in possesso di una piccola fortuna di cinquecento sterline. Decide però di impiegarne la metà per creare un’opportunità di lavoro per Herbert, sentendosi responsabile dei debiti dell’amico. È una buona azione che compie in segreto, aiutato da Wemmick, il segretario di Jaggers.
Nel frattempo Pip, sempre più innamorato di Estella è trattato da lei con “onesta” crudeltà. La ragazza chiede di essere riaccompagnata a Casa Satis e qui, di fronte a una Miss Havisham più terrificante che mai, Pip finalmente comprende l’enormità  del danno creato dalla donna.

Vidi allora e compresi, con infelicità e un senso amaro di dipendenza e persino di degradazione, che Estella doveva compiere la vendetta di Miss Havisham sugli uomini, e che non mi sarebbe stata data finché non l'avesse compiuta. Vidi la ragione per la quale  mi era stata destinata. Miss Havisham l’aveva mandata in giro a sedurre e tormentare e far del male, con  la maligna certezza che fosse inaccessibile a tutti i suoi ammiratori, e che tutti coloro che puntavano su quel premio fossero destinati a perdere.

Estella è davvero una creatura fredda e insensibile, come l’ha creata la sua madre adottiva. Con rabbia e dolore, Pip scopre che è corteggiata proprio dall’odioso Drummle, e poco lo conforta sapere che la ragazza ha una diversa opinione di lui.

- Ti ho vista mentre gli rivolgevi sguardi e sorrisi che non rivolgi mai a... me.
- Allora vuoi - disse girandosi di scatto, con uno sguardo intento e serio, se non adirato - che io ti inganni e ti prenda in trappola?
- Lui lo inganni e lo prendi in trappola?
- Sì, e anche molti altri - tutti tranne te.



Nella quarta e ultima parte di “Classica” scopriremo come la trama concepita dai Dickens realizzi un vasto e magnifico disegno, e parleremo dell'ultima versione cinematografica del film realizzata da Mike Newell.




martedì 8 gennaio 2013

Il “Cervino delle Dolomiti”, il simbolo delle Pale di San Martino - Prima parte


di Rosengarten


Tutti abbiamo in mente la sagoma imponente del Cervino, che staglia netta la sua parete Nord contro un cielo incredibilmente blu, come solo in alta montagna suole vedersi.
Se ancora non conoscete il Cimon della Pala, detto appunto il Cervino delle Dolomiti, e ritenete che sia giunto il momento di farne conoscenza, non privatevi dell’emozione che susciterà in voi la veduta della parte sommitale di un’ardita montagna, rivelatasi improvvisamente fra gli abeti della strada che da Predazzo in Val di Fiemme sale a Passo Rolle.
Così conobbi il Cimon della Pala, un luglio di tanti anni fa e naturalmente fu amore a prima vista.

Il consiglio che mi sento di darvi, è quello di scegliere una bella giornata estiva, con tanto sole, di lasciare l’automobile a Passo Rolle e raggiungere in non più di un’ora di facile camminata la Baita Segantini (mt. 2.170), armati di una buona macchina fotografica con la quale potrete riprendere il versante nord-ovest del Cimone (Cimon della Pala), dalla sua vista più famosa.
La baita è dedicata al pittore Giovanni Segantini, nato ad Arco (TN) nella seconda metà dell’800, amante della montagna che spesso dipingeva nei suoi quadri. Il Segantini appartenne al movimento Divisionista, e la sua morte avvenne, quasi in modo simbolico, proprio mentre dipingeva in montagna, sullo Schafberg, il monte sopra Pontresina dal quale si domina l'intera alta Engadina, la valle che più aveva amato.


Vale davvero la pena di passare un po’ di tempo nei dintorni della malga, prendendo il sole sulle rive di un laghetto o passeggiando fra i prati rigogliosi con tanti fiori di montagna, rari e bellissimi. Sicuramente potrete ammirare Stelle Alpine, Negritelle e tanta Arnica; mentre più in basso, in Val Venegia o nella Foresta di Paneveggio non sarà raro imbattersi in una Scarpetta di Venere (orchidea).

Dalla Baita, oltre ad ammirare i 3.184 metri della cuspide del Cimone, alla sua sinistra e in sequenza, noterete Cima della Vezzana (mt. 3.192),  Cima dei Bureloni (mt. 3.130), Cima di Valgrande (mt. 3.038) e la Cima del Focobon (mt. 3.054), solo per citare le vette sopra i tremila. Invece, ancora più a sinistra, distaccata, la tozza forma del Mulaz, una montagna di soli 2.906 metri.

In pratica, osserverete le Pale di San Martino dal versante Nord-ovest, cui è appunto dedicato l’articolo che state leggendo.

Se non vi sarete attardati troppo ad osservare il panorama, il Mulaz può essere alla vostra portata, così come a quella di un qualsiasi buon escursionista. Proseguite quindi lungo la carreggiabile che dalla Baita Segantini scende in Val Venegia, fino ad incontrare il sentiero 710 che risale in direzione Est ai 2.571 metri del Rifugio G.Volpi al Mulaz. Se avete poco tempo a disposizione, potete rinunciare ad arrivare fino al rifugio a favore della vetta; in questo caso, quando arriverete al Passo del Mulaz (mt. 2.619), imboccate il sentiero che attraverso un percorso ripido ed accidentato sale verso la sommità della montagna, raggiungibile in poco meno di un’ora. Il ritorno potrà avvenire per lo stesso itinerario dell’andata, ma quando sarete di nuovo in Val Venegia non rinunciate al classico pediluvio nel Torrente Travignolo.

Tutta la zona che gravita intorno a Passo Rolle è immersa nel fantastico Parco Naturale di Paneveggio- Pale di San Martino, ma prima di descrivere tale meraviglia della natura preferisco parlarvi del Cimon della Pala.
Se siete dei buoni scalatori, naturalmente il vostro obiettivo sarà il raggiungimento della vetta. La via normale al Cimone parte dal Bivacco Fiamme Gialle, posto su uno spallone roccioso, a 3.005 metri di altitudine, che spesso viene raggiunto percorrendo la spettacolare Ferrata Bolver Lugli, e poi proseguire verso i 3.184 metri del Cimone.
L’attacco della via attrezzata si trova a circa 40 minuti dall’arrivo della cabinovia che da San Martino sale al Rifugio Colverde (mt. 1.966). Scusandomi per l’ovvietà, farete in modo di prenderere la prima corsa del mattino e vi informerete circa l’orario dell’ultima corsa che vi riporterà a valle. La ferrata si svolge sul versante ovest del Cimone, e superando tratti verticali molto esposti, vi darà la sensazione di veleggiare proprio sopra San Martino, ben visibile in fondo alla Val di Primiero. Trattasi di una delle ferrate più famose delle Dolomiti, che percorrerete con adeguata attrezzatura, in circa tre ore. Occorre un ottimo grado di allenamento, assoluta assenza di vertigini ed esperienza di vie ferrate; il percorso è infatti un susseguirsi di passaggi su tratti verticali, placche, fessure, camini e traversate, e richiede una progressione di tipo alpinistico, per non affaticare troppo le braccia e non rischiare di rimanere senza forze a metà percorso.

Dopo il Bivacco Fiamme Gialle inizia, come già detto la via normale, che viene ritenuta abbastanza facile dal momento che le difficoltà non superano il III grado. Non è comunque una scalata da sottovalutare, sia per l’altitudine che per alcune difficoltà di orientamento che potrebbero presentarsi soprattutto in caso di nebbia; il mio consiglio è dunque quello di rivolgervi ad una guida, o di informavi molto bene circa i dettagli alpinistici che incontrerete. Caratteristico il cosiddetto passaggio del Bus del Gat, che attraversa una grotta, dalla quale uscirete carponi, dopo che avrete fatto passare lo zaino. Dalla vetta si ritorna al bivacco, con alcuni tratti in corda doppia, e dal bivacco si scende in Val dei Cantoni, dove si prosegue per il sentiero 716, fino a risalire a Passo Bettega (mt. 2.667); qui sceglierete se discendere al Rifugio Colverde (breve tratto attrezzato), oppure proseguire in quota fino al Rifugio Rosetta Pedrotti (mt. 2.581), nelle cui vicinanze si trova la funivia per il ritorno a valle.
Il percorso appena descritto, può essere effettuato senza includere l’ascensione alla vetta del Cimone, infatti la sola ferrata Bolver Lugli è sufficiente a ripagare anche l’escursionista più esigente. Riguardo ai tempi di percorrenza, mettete in conto almeno 6 ore, solo per la ferrata (rinunciando alla vetta), e con il ritorno a San Martino utilizzando la funivia.
               
                                                                                ...Continua nel prossimo articolo


domenica 6 gennaio 2013

Cucina internazionale – Carbonade Flamande

di Chef Magnus

Terza parte

Concludo la “carrellata” di ricette internazionali con la Carbonade Flamande, un piatto che rivela el nome la sua origine Fiamminga.

Il nome della ricetta, in italiano, potrebbe suonare come “Spezzatino di manzo, alla birra”, ma in questo modo si potrebbe banalizzare questo piatto particolare che vi ripagherà di una preparazione laboriosa, ma non difficile.
Ecco di seguito gli ingredienti principali, sufficienti a soddisfare quattro persone:


- Ottima carne di manzo (in alternativa: cinghiale), tagliata a bocconcini di media grandezza 1 kg. circa
- Cipolla bianca o dorata, 500 grammi.
- Birra doppio malto, preferibilmente belga “di abbazia (abbey)”, 750 ml circa.
- Pancetta normale o affumicata, secondo i gusti, 100 gr.

Per comodità, divideremo la preparazione della ricetta in 5 passi.

 Passo n.1
In una larga padella, con un poco di burro, fate rosolare la pancetta, tagliata grossolanamente e mettetela da parte.

Passo n.2
Nella stessa padella utilizzata prima, fate appassire la cipolla tagliata finemente, per 15 minuti, con coperchio, mescolando di tanto in tanto.
Dopo questo tempo, aggiungete 1 cucchiaio di zucchero di canna, facendolo caramellare. Mettete da parte, separatamente in due recipienti d’appoggio, le cipolle ed il liquido rimasto in fondo alla padella.

Passo n.3
Sempre nella stessa padella, con poco olio extravergine di oliva, rosolate la carne, dopo averla infarinata con sale e pepe.
Mettete da parte la carne e deglassate il fondo della padella con la birra, due cucchiai di aceto bianco di vino, due foglie di alloro e due rametti di timo. Portate il liquido ad ebollizione.

Passo n.4
Prendete una capiente pirofila da forno, larga e con bordo alto, e inserite alternando gli strati, la cipolla e successivamente la carne e la pancetta, fino ad esaurimento.
Inserite il liquido del passo n.2 (ottenuto dall’appassimento della cipolla) e quindi tutta la birra ed aromi vari del passo n.3. Prendete delle larghe e spesse fette di pane (oppure pan carrè), privatele della crosta e spalmatele di senape di Digione. Adagiate le fette di pane sopra la carne, dalla parte della senape, fino a sigillare tutta la pirofila.


Passo n.5
Ricoprite la pirofila con un foglio di alluminio in doppio strato e procedete con una lenta cottura in forno, a una temperatura di dirca 160°C (2 ore circa).

La Carbonade è ottima sia servita ben calda, che riscaldata il giorno dopo.



Come contorno consiglio del cavolo (es. verza stufata, cavolini di Bruxelles) e come vino un rosso di medio corpo e non invecchiato: es. Oltrepò Pavese (Barbera, Bonarda), Nebbiolo o Dolcetto d’Alba, Morellino di Scansano.
A meno di non continuare con una Birra simile a quella utilizzata per la ricetta…

venerdì 4 gennaio 2013

Cucina internazionale – Chicken Tikka Masala

di Chef Magnus

Seconda parte


Dopo la Crema di porri e carote della Cornovaglia, vi propongo il Chicken Tikka Masala, uno dei piatti più diffusi della Cucina Indiana.

Questa ricetta è dedicata a quelle persone che amano provare nuovi piatti di cucina esotica, ma che non hanno l’opportunità di viaggiare in paesi ove la cucina indiana è di alta qualità.
Innanzitutto, il primo approccio di un italiano con questo tipo di cucina è di assoluta diffidenza, se non preoccupazione, legata alla piccantezza di alcune pietanza. Poi c’è il problema della lingua: leggere un menu di un ristorante indiano non è un’impresa da principianti. Personalmente sono stato introdotto alla cucina indiana da alcuni amici di Londra e del Nord dell’Inghilterra, per cui ho avuto modo di superare le iniziali perplessità e difficoltà di interpretazione del menu.
Fra gli Inglesi circola una battuta, che le tipiche ricette inglesi sono … quelle indiane!

La ricetta che vi propongo ha dunque lo scopo di farvi realizzare uno dei piatti più diffusi e più consumati dai clienti, con una salsa dal gusto esotico, vellutata e, tranquillizzatevi pure,  per niente piccante.
L’ingrediente principale è il petto di pollo fatto a pezzetti di media grandezza, che si riassume nei due termini “Chicken tikka”. Quindi, con analoga preparazione, secondo i gusti, potete anche utilizzare altri tipi di carne al posto del pollo, ad esempio agnello o tacchino. Il termine masala indica invece il tipo di salsa con cui si condisce la carne e che eviterete di comperare già pronta.



Veniamo adesso alla preparazione della ricetta, che sarà preceduta da una paziente marinatura, preparata con i seguenti ingredienti:
- 2 vasetti di yogurth bianco
- 1 cucchiaio di succo di limone
- 2 cucchiaini di cumino (fondamentale)
- 1 cucchiaino di cannella
- 1 cucchiaino di zenzero
- 1 cucchiaino di polvere di peperoncino (aumentando questa dose, la ricetta diviene man di mano sempre più piccante)
- sale e pepe
La sera prima, tagliate a pezzetti non troppo grossi il petto di pollo (800 grammi, per quattro persone) ed in una ciotola mescolate la carne con gli ingredienti della marinata. Ponete in frigo, per circa 10 ore.

Rosolatura della carne (step preliminare)
In una larga padella, fate appassire uno scalogno, con un filo d’olio extravergine d’oliva.
Inserite i pezzetti di carne, senza ripulirli dalla salsa della marinatura e cuocere a fuoco basso, per alcuni minuti, con coperchio, affinchè la carne risulti morbida.
La cottura della carne verrà completata in una fase successiva, assieme alla salsa masala. Terminata questa prima fase di cottura, si dovrà eliminare dalla padella il liquido in eccesso (tranne un paio di cucchiai).


Ingredienti della Salsa Masala
- 1 cucchiaio di burro
- ½ scalogno, tritato fine
- 2 cucchiaini di cumino (fondamentale)
- 2 cucchiaini di paprika
- un barattolo di vellutata di pomodori (circa 300 grammi)
- panna da cucina, circa 100 grammi
- ½ cucchiaino scarso di noce moscata (opzionale)
- 1 cucchiaino di semi di papavero (opzionale)
- sale e pepe


Preparazione della Salsa Masala
In un tegame fate sciogliere il burro e insaporite lo scalogno tritato finemente, insieme al cumino, alla paprika, ai semi di papavero, ed alla noce moscata.
Successivamente aggiungete gli altri ingredienti (vellutata di pomodoro, panna, sale e pepe) e far cuocere lentamente, con coperchio, per 15 minuti.

Completamento della ricetta
Versate la salsa masala nella padella ove è stata rosolata la carne, mescolate ben bene e completate la cottura per altri 10-15 minuti.
Aggiustate di sale e pepe. Aggiungere abbondanti mandorle (tritate, intere o a scaglie, secondo il vostro gusto).

Presentazione della ricetta
Nei ristoranti indiani, il chicken tikka masala, così come altri secondi a base di salse, viene portato in tavola dentro ciotole dal fondo di rame sopra piccoli fornelli accesi, per mantenere sempre calda la vivanda.
Insieme alla carne, quasi sempre viene servito riso pilaf, in bianco oppure con verdure tritate finemente.

Nei ristoranti indiani usualmente vi propongono birra indiana, oppure vino.
Per quanto mi riguarda, vi suggerisco un Bianco Sauvignon, friulano, ben fresco. In alternativa, un classico Pinot grigio.


Nel prossimo articolo vi parlerò della Carbonade Flamande, un piatto assolutamente da provare per gli amanti delle ricette particolarmente gustose.
 


mercoledì 2 gennaio 2013

Cucina internazionale – tre tipiche ricette alla portata di tutti

di Chef Magnus

Parte prima



Mie care lettrici e lettori, pur senza venir meno alla mia iniziale promessa di proporvi sempre piatti semplici da realizzare, è mia intenzione introdurvi a tre classiche ricette di cucina internazionale. Non temete, anche questa volta rifuggirò da sofisticate ricette per condividere con voi alcune esperienze personali, maturate a seguito di faticosi viaggi e di noiose sedute gastronomiche. Gli abbinamenti con il vino e con i contorni sono invece frutto della mia esperienza e sensibilità enogastronomica, così come le varianti alle ricette.
Riguardo agli ingrendienti, saranno tutti facilmente reperibili in un qualsiasi supermercato di media grandezza, e dunque non dovrete  ricorrere a negozi esotici, senza per questo temere che la bontà del risultato finale e la autenticità dei sapori siano compromessi.

La prima ricetta è una Crema di porri e carote, scelta fra una vasta serie di storiche zuppe di verdura che da tempo immemorabile vengono preparate in quell’incantevole regione sud-ovest dell’Inghilterra, che prende il nome di Cornovaglia.
Nel prossimo articolo, troverete poi un piatto classico della cucina Indiana: Chicken Tikka Masala.

E per chiudere, un robusto ed elaborato secondo piatto di origine Fiamminga: Carbonade Flamande.

Buon appetito con le ricette dal mondo di Chef Magnus!







Se avrete modo di visitare la Cornovaglia troverete sia numerosi luoghi legati alle leggende di Re Artù e Mago Merlino, che scogliere inaccessibili ai più, ma non ai pirati che spesso depredavano i convogli che incautamente si avvicinavano troppo alle coste. Visiterete anche molti castelli pieni di storia ma, ciò che più conta, spesso avrete modo di riscaldarvi lo stomaco con delle fantastiche zuppe di verdura.
Ecco una ricetta facile e molto appetitosa










Crema di Porri e Carote della Cornovaglia
In un largo tegame di coccio nel quale avrete fatto fondere 30 gr. di burro, ponete 450 gr. di porri,  450 gr. di carote e una patata, che avrete precedentemente lavato e tagliato grossolanamente. Coprite e fate cuocere a fuoco basso per una decina di minuti senza far colorire le verdure. Aggiungete ½ cucchiaino da tè di curry in polvere e cucinare per altri due minuti. Aggiungete un litro abbondante di brodo di carne (o, se preferite, vegetale) e fate sobbollire, coperto, per circa 30’, finché le verdure sono morbide. Frullate al mixer, aggiustate di sale e pepe e servite ben caldo con crostini di pane.

Vini consigliati: Vernaccia di San Gimignano


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